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Della bellezza e dell'armonia: la geometria come base funzionale e modello estetico
Geometrie della luce
Nell'opera di Magistretti ricorre costantemente il riferimento geometrico come ispiratore di forma e come modello concettuale dell'oggetto, strumento per raggiungere quel «concept design, quello che è talmente chiaro che puoi anche non disegnarlo» (tratto da "Intervista per il sito di De Padova"). Nel settore illuminazione in particolare emerge il tema geometrico come paradigma razionale di costruzione della forma e della configurazione luminosa come dimostrano le tante lampade come Nemea (1979; "Una lampada inversa" in Modo, 1979), Eclisse (1967) o Mania (1963) per Artemide, costituite dalla composizione di più semisfere, o Sonora (1976; "Le stanze di Vico Magistretti" in Case da Abitare), un'unica calotta perfetta o ancora Atollo (1977; "Atollo" in De-sign, 2001) - entrambe prodotte da Oluce - nata dalla giustapposizione di forme geometriche pure come il cilindro, una semisfera e un tronco di cono.
Al tema geometrico evidente nella creazione di oggetti luminosi, si accompagna spesso un secondo tema costante e indissolubilmnete legato, quello del tecnicismo nascosto, l'idea o la necessità estetica di schermare i meccanismi, i dispositivi tecnologici per lasciare emergere la purezza formale e l'apparente semplicità dell'oggetto come accade nella lampada da tavolo e da parete Kuta (1980, Oluce), caratterizzata da un minimalismo di discendenza giapponese.
Semplificazione
Un metodo progettuale basato sulla estrema semplificazione è quello presente fin dalle prime realizzazioni giovanili di Vico Magistretti che si concretizzano in una ricca serie di arredi prodotti per la mostra RIMA esposta in Triennale nel 1946 e di cui la libreria a muro è forse un pezzo tra i più significativi basato sull'idea dell'economicità dei pezzi costitutivi, ridotti grazie all'appoggio dei montanti a muro. La medesima versione sarà esposta nella mostra "Il mobile singolo" alla Galleria Fede Cheti nel 1948 ("Mostra del mobile singolo. Da Fede Cheti, Milano" in Domus, 1949).
Da un lato semplificazione come metodo progettuale, applicabile alle diverse scale dell'oggetto, dalla lampada alla cucina, ma al contempo esito felice della poetica di Magistretti che si esplicita in oggetti eleganti ed emblematici come la lampada Snow per Oluce (1974; "Flash Due" in Abitare, 1975; "Un design per tutte le stagioni" in Casa Vogue, 1974), sintesi di eleganza e semplificazione nata dall'incontro tra un cono in metacrilato e una sfera metallica verniciata in nero o nell'essenziale tavolo contenitore da salotto, in legno laccato, Caori, prodotto da Gavina nel 1962 (Depliant Caori, Gavina).
Semplificazione significa anche il ricorso a forme e materiali tradizionali, come il legno usato nelle collezioni di tavoli e sedie disegnati per Montina (Depliant 909, Montina; Depliant 910 e 911, Montina; Depliant 919, 918 e 908, Montina), o nella composizioni di tavoli da ufficio Thay del 1976 di ICF che si caratterizzano per la varietà e semplicità dei componenti disponibili in diverse misure e con diverse finiture in modo da permettere la soluzione di qualsiasi esigenza funzionale ("Incontro con Vico Magistretti" in Casa & Giardino, 1980). Infine semplificazione come gesto creativo, come riflessione sulla riduzione in elementi funzionali essenziali, come avviene con l'attaccapanni Spiros disegnato nel 1987 per Acerbis e pensato come un manico di scopa (come nella collezione Broomstick di Alias) che accoglie un inedito utilizzo grazie all'aggiunta di pochi elementi, i pioli in legno che si innestano con un andamento a spirale e che apparentano l'oggetto finale a un albero, da appoggiare al muro.
Modularità
Il tema della modularità, che interseca la costante ispirazione alla geometria semplice e il ricorso alla semplificazione come modo progettuale è tipico ma non esclusivo dei numerosi progetti firmati da Magistretti per Schiffini che riguardano l'ambito domestico dell'ambiente cucina. La ripetizione di un medesimo elemento o struttura che pur con piccole differenziazioni permetta svariate possibilità di composizione è infatti un requisito principe del progetto dei sistemi cucine: in Timo, del 1968, per esempio il disegno modulare d'insieme viene enfatizzato dal trattamento grafico dei bordi colorati che oltre a svolgere un compito funzionale sorreggono l'unitarietà compositiva (Depliant Timo, Schiffini) come nella cucina Soviore (2003), nella quale la scansione geometrica diventa pattern decorativo oltre che base funzionale della composizione, o ancora in Cina (1986) il principio della ripetizione/riflessione si estende fino al disegno della cappa aspirante simmetrica.
Medesimo principio regolatore viene adottato anche nel disegno dei mobili contenitori della serie MB55 disegnati nel 1972 per Poggi, una ripetizione giustapposta di elementi singoli su ruote. Modularità dunque come "garanzia" compositiva di armonia d'insieme come avviene con i tavoli delle Serie Coda e Tema di B&B disegnati nel 1972 (Depliant Tema, B&B), nelle quali il ritmo viene sottolineato dall'alternanza tra pannelli in abete naturale e fasce laccate, o nel sistema Samarcanda, sempre per Poggi del 1969, cassetti e contenitori, in multistrato di faggio, liberamente sovrapponibili per comporre mobili per soggiorno, cassettiere, tavolini, scrivanie che si possono autonomamente sovrapporre ed affiancare, grazie alla misura standard della profondità degli elementi che li rende "compatibili" ("A Milano: per collezionare arte moderna" in Interni, 1978). Nell'ambito dei sistemi illuminanti ritorna la poetica dell'aggregazione modulare, ritmata e ad accrescimento quasi organico nella serie di lampade a sospensione Triclinio, Pentaclinio, Eptaclinio tutte emanazioni e composizioni nate dalla lampada Clinio (1967) disegnata per Artemide - e che usa il medesimo diffusore della precedente lampada Omega (1962) - e ripetuta modularmente a formare un gruppo illuminante di ampie dimensioni per soddisfare esigenze funzionali differenziate rispetto agli spazi in cui le lampade vanno inserite come accade nel showroom di Artemide di corso Monforte a Milano allestito dallo stesso Magistretti ("A Milano" in Ottagono, 1972).
Rosa Chiesa e Ali Filippini