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Vico Magistretti "Palladio in Brianza"

Introduzione

In uno dei pochi testi che svolgono in maniera sistematica l'analisi di Magistretti architetto, compare una singolare locuzione che getta un'interessante luce sulla produzione di ville immerse principalmente nella campagna lombarda: Magistretti viene definito "Palladio in Brianza" (Irace, 1999) perché ritenuto interlocutore prediletto della nuova aristocrazia - le grandi famiglie di audaci imprenditori - impegnata a colonizzare il territorio brianzolo (e non solo) con la costruzione di moderne ville di delizia, che sviluppano elementi e schemi distributivi ricorrenti divenuti cifra stilistica immediatamente ascrivibile a Vico. Interventi tra l‘altro fortemente caratterizzati dal connubio tra design e architettura, grazie al loro capostipite che curiosamente non è una villa, ma la celebre Club House al Golf di Carimate, progenitrice della stirpe di ville nonché occasione per mettere a punto l'omonima seduta, quella sedia Carimate divenuta uno dei più noti pezzi firmati Magistretti che ben descrive il passaggio magistrettiano dal pezzo unico alla produzione in serie (Dal pezzo unico alla serie).

Raumplam in chiave lombarda

Il tipo insediativo che scaturisce da quella primordiale opera è quello di un edificio in cui parte integrante è svolta dal verde (spesso firmato da Elena Balsari Berrone) con cui la casa si rapporta sfruttando o costruendo infiniti dislivelli che non solo ne riducono l'impatto sul territorio camuffandone gli imponenti volumi, ma che ne caratterizzano fortemente l'impianto distributivo aperto, mediante vaste terrazze o porticati continui. In questo modo, l'ambiente naturale e quello costruito contribuiscono alla costruzione di un vero e proprio landscape domestico, le cui radici possono essere rintracciate nella profonda ammirazione di Magistretti per Adolf Loos e il suo celebre "Raumplan", che scompone i percorsi e le funzioni della casa a quote diverse poi riflesse dalla grande articolazione volumetrica di edifici come la Casa Bassetti ad Azzate. Di cui lo stesso Magistretti ci racconta la genesi: «lo studio di progetto (1960) è stato impostato tenendo conto della particolare natura del terreno, così da ubicare l'edificio lasciando intatto l'ambiente circostante ricco di vecchie piante e di una pineta, più giovane, occupante la piana terminale della collina. L'edificio è a più livelli, vuoi per creare un migliore adattamento al terreno scosceso, vuoi per trovare un'opportuna disposizione dei vari ambienti che si compenetrassero l'un l'altro in modo tale che, pur realizzando un'assoluta indipendenza di una zona rispetto all'altra, si venisse a creare, nell'interno dell'edificio una continuità di volumi tale da far intendere la complessa articolazione degli spazi senza soluzione di continuità» (Casa Bassetti, relazione di progetto). Uno schema progettuale  (Planimetria di Casa Bassetti, 1961)  che si ripete per la la Casa Schubert a Ello, dove «la forma della piana terminale del roccolo e l'orientamento del paesaggio hanno suggerito la forma sventagliata dell'edificio che, costruito su diversi livelli, apre dal soggiorno viste passanti verso il paesaggio lontano» (Casa Schubert, relazione di progetto), o per la casa Muggia a Barzana, isolata nella campagna bergamasca e non più brianzola e la cui semplicità funzionale «ha suggerito di sviluppare, su una pianta lineare, un gioco di volumi articolato e vario che, sotto coperture inclinate desse alla modesta dimensione degli spazi una dilatazione prospettica derivante da diversi incastri dei volumi e da un gioco di luci provenienti da posizioni e da livelli diversi.» (Casa Muggia, relazione di progetto).



Maria Manuela Leoni

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